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L’innovazione è sinonimo di futuro. Mai come in questo momento c’è stato bisogno di alzare la testa e guardare oltre l’orizzonte. È quello che continuiamo a fare, insieme alle startup e alle aziende del distretto, lavorando ogni giorno perché un mondo migliore sia davvero possibile. Vi raccontiamo alcune storie di chi non molla ma si evolve in una realtà in continuo cambiamento.

“Le parole sono importanti”, diceva Nanni Moretti. Stiamo vivendo il momento più difficile che il nostro Paese, anzi l’intero pianeta, ha vissuto negli ultimi 75 anni. “Crisi”, “emergenza” insieme a “coronavirus” sono entrate quotidianamente a far parte del nostro vocabolario quotidiano da quasi un mese. E sono parole che fanno paura. Ma le parole sono innocenti ed è il significato che attribuiamo loro a costruire i nostri pensieri. Non racconteremo qui la storia (falsa) dell’ideogramma cinese che significherebbe pericolo e opportunità. Qui ci piace scavare più a fondo: da dove arriva emergenza? Deriva dal latino “emergĕre” composto di e (fuori) + mergĕre, affondare, tuffare. Quindi, l’emergenza non è nient’altro che ciò che esce all’improvviso dalla superficie delle acque. E crisi? È una parola che deriva dal greco κρίσις, scelta. Proviamo a rileggere allora quello che abbiamo detto: possiamo scegliere cosa fare in una situazione improvvisa e imprevista. Abbiamo l’opportunità di non farci travolgere ma rimanere lucidi e lavorare non per sopravvivere ma per costruire il nostro futuro.

Ci occupiamo di tecnologia e di innovazione: PoliHub e le aziende del distretto lavorano ogni giorno per creare un futuro migliore. È questo che ci ha portati ad essere tra i migliori cinque incubatori universitari al mondo. Risolviamo problemi, è la nostra mission. È in momenti come questo che è più importante alzare la testa e guardare oltre l’orizzonte. Siamo tutti lontani ma vicini grazie alla tecnologia e abbiamo il dovere di continuare a lavorare perché solo insieme possiamo scegliere di trasformare il cambiamento in opportunità. Noi lo stiamo facendo e lo stanno facendo anche tante aziende del distretto che ci hanno raccontato le loro esperienze di “smart working al tempo del coronavirus”. In modo sincero, che non nasconde timori o difficoltà ma che mette in luce anche spunti utili a tutti.

“Siamo abituati a lavorare da remoto: abbiamo in Italia una community di 15.000 tester e possiamo raggiungerne 250.000 in tutto il mondo, professionisti che ingaggiamo tramite la piattaforma di crowdworking di AppQuality, usando anche strumenti di comunicazione come Slack e Telegram e tool di project management come Jira e Trello”, ci ha raccontato Angela Meduri, Marketing Specialist  di AppQuality crowd.app-quality.com. “Quello che ci manca di più in questo momento è il team e i momenti di socialità che siamo abituati a condividere con il gruppo di lavoro che ormai è un gruppo di amici. Ieri abbiamo fatto una pausa caffè virtuale per sentirci più vicini! Dal punto di vista dell’operatività però nulla è cambiato. Siamo orgogliosi del fatto che nessuna delle scadenze, per ora, è slittata di neanche un giorno. Questi momenti di criticità evidenziano chi sa distinguersi: dobbiamo sfruttarli per migliorarci e prepararci a partire più velocemente. Fondamentale è capire come stare vicino ai clienti. Certamente l’essere già attrezzati a questa tipologia di lavoro agile, ci sta agevolando”.

Anche le grandi corporate sposano questa visione. “La decentralizzazione del lavoro, inizialmente, ha spiazzato anche una grande corporate come Eni. Lo smart working era uno strumento già in uso e questa situazione è stata un importante acceleratore di un trend già destinato a crescere”, ci dice Massimo Sabatini, ex Jemper che oggi in Eni lavora su Joule, progetto che vuole creare un acceleratore verticale sui temi di transizione energetica, ci riferisce così la sua esperienza: “L’azienda in questi giorni si è trovata a prendere misure importanti: il mercato è in affanno ma le attività non si fermano. Oggi lavoriamo prevalentemente su Teams, creando canali e riscrivendo processi, e continuiamo comunque a testare tecnologie che supportino il lavoro day by day. Non è stato facile all’inizio, ma dopo una rapida formazione sull’uso della piattaforma, di fatto è diventata il luogo su cui di gestisce il project management. Nel mio caso specifico, occupandomi di un progetto appena avviato è stato più semplice ma ormai lavoriamo tutti a pieno regime, anzi con questa nuova modalità di lavoro i progetti corrono ancora più rapidi perché stiamo vedendo una grande focalizzazione. In questo momento, l’azienda è ancora più vicino ai dipendenti anche attraverso altri strumenti: è stato avviato un blog su cui il CEO, anche più volte al giorno, avvia un confronto aperto con i dipendenti mentre su Workplace si sono trasferite le interazioni più amichevoli, continuando a portare avanti l’aspetto più relazionale del lavoro. Anche i telefoni aziendali vengono utilizzati per condividere articoli e news con tutti gli aggiornamenti sulla situazione in tempo reale. La difficoltà iniziale insomma si è trasformata in una grande opportunità. Il mio consiglio, in questo momento, soprattutto per piccole realtà come le startup, è quello di darsi processi strutturati e di lavorare alla strategia (go-to-market), sfruttando questo periodo per studiare e tenersi pronti a cogliere le occasioni che si presenteranno”.