Per essere innovative le grandi aziende devono innanzitutto avere una struttura organizzativa agile. Si può riassumere così il secondo appuntamento della serie di workshop esclusivi rivolti al Club di Mentor ed esperti del Polihub, durante il quale è stato affrontato il tema legato al cosiddetto approccio “lean” per la progettazione di strutture organizzative complesse.
Stefano Mizio, Head of Mentor’s Program di Polihub, ha condotto la discussione di fronte alla nutrita platea di mentor, partendo da un’analisi dei limiti dei modelli organizzativi dello scorso secolo, per poi proporre una riflessione sui modelli di crescita personali in grado di favorire la diversità e la contaminazione con l’ecosistema delle startup.
I temi sviscerati durante le quasi due ore di confronto sono stati tanti e interessanti: sì è parlato di gradi di “sensibilità” delle aziende (ovvero la capacità di intercettare i segnali di crisi del proprio settore, per poi mettere in atto cambi di strategia tempestivi ridisegnando i propri modelli di business); del loro rapporto con le startup (in ottica di open innovation) e di come sia necessario instillare una cultura votata alla sperimentazione continua.
Dal dibattito è poi emerso che il rischio, per le organizzazioni complesse, è di incappare in quello che Mizio definisce “inerzia organizzativa” vale a dire l’incapacità di far fronte al vento dell’innovazione con una strategia aziendale strutturata. I casi di Kodak e Blockbuster, aziende leader nel proprio settore improvvisamente travolte dal “nuovo che avanza”, sono ormai l’esempio più citato per spiegare tale fenomeno.
In buona sostanza bisogna affrancarsi da quella visione che concepisce le realtà imprenditoriali come semplici “motori di performance”, attente a raggiungere obiettivi e risultati, ma incapaci a guardare fuori dal loro perimetro operativo. Si tratta di mettere in atto un cambio di mentalità necessario, prima di tutto da parte dei manager delle aziende, ai quali oggi più che mai è richiesta visione ma soprattutto pragmatismo. Perché in fondo innovare in una grande azienda non è questione di creatività né di tecnologia: è questione di capacità manageriale.