di Enrico Deluchi
In questa storia ci sono, a distanza di tempo, due personaggi che rivestono il ruolo di mandante, secondo lo schema narrativo di Vladimir Propp, due personaggi che più diversi fra loro non sarebbe proprio possibile immaginarli: Greta Thunberg e Vladimir Putin.
Il bene contro il male, giovani e anziani, donna e uomo, sono mille le polarizzazioni che si possono individuare fra loro, eppure, davvero, in questa storia di cui tutti noi siamo al contempo protagonisti e spettatori il loro ruolo è il medesimo: quello di invitarci ad agire.
Nel 2018 una bambina con le treccine inizia a scioperare ostinatamente davanti al Parlamento svedese. Protesta affinché gli adulti, quelli che prendono le decisioni, si risveglino dal proprio torpore e dalla propria indifferenza e si accorgano che non c’è più tempo, che “la nostra casa è in fiamme” e che se vogliamo che esista una “casa” vivibile per le nuove e future generazioni, a cui lei appartiene, bisogna fermare la crisi climatica.
Nel 2022 un autocrate che guarda al passato scatena un conflitto nel cuore dell’Europa, obbligando la UE a considerare tra le sanzioni da imporre alla Russia lo stop alle importazioni di gas e petrolio e riaccendendo prepotentemente i riflettori sulla questione energetica.
Quanto è tragicamente ridicola questa situazione: la casa sta bruciando e c’è chi scatena una guerra per riprendere possesso di un angolo del cortile…
Che ne sarà della transizione energetica? Delle rinnovabili? Vedremo l’ennesima sequela di rinvii, ritardi e scuse per rimandare una volta ancora azioni sempre più urgenti o finalmente è arrivato il momento dello sprint? Come ogni grande crisi, anche questa guerra apre nuove opportunità ed è quindi certa una cosa: siamo davanti ad un momento chiave della storia. Di quella che vi sto raccontando e di quella dell’umanità.
È il momento delle scelte, di quelle che non sono più rimandabili e che non possono essere affidate esclusivamente a chi il tempo del proprio futuro lo ha già esaurito e, soprattutto, ha contribuito a portarci al punto in cui ci troviamo.
È il momento di rendere i governi, le aziende e la grande finanza luoghi eterogenei e inclusivi e fare spazio a sensibilità e competenze diverse da quelle che hanno dominato la gran parte delle “stanze dei bottoni”. Abbiamo bisogno di nuove capacità, come il coraggio di prendere decisioni determinanti per la sopravvivenza. E di apertura all’ascolto e di solidarietà. E di disponibilità a rinunciare a qualcosa oggi per stare meglio domani.
È anche tempo di dare spazio e far decidere ai giovani. Sono loro che vivranno nel futuro e devono avere la possibilità e la responsabilità di sceglierlo e costruirlo questo futuro, in qualità di prossimi shareholder del Pianeta Terra. La mia generazione può probabilmente dar loro qualche utile consiglio sul “come fare” ma sono convinto che non debba pretendere di avere l’ultima parola sul “cosa fare”.
In PoliHub, incontro ogni giorno giovani (e non solo) uomini e donne che si impegnano per immaginare e creare nuove tecnologie o migliorare quelle attuali. Costituiscono startup che nascono da subito come società benefit e producono ogni giorno qualcosa di nuovo nel settore delle Climate Tech. È un momento irripetibile per le startup che vogliano cimentarsi in questo ambito. I problemi da indirizzare, ossia i diversi aspetti legati al cambiamento climatico, comprendono, infatti, tutti gli attributi ideali per chi voglia realizzare prodotti, servizi e soluzioni: il mercato è enorme (l’umanità intera), il problema deve essere risolto con urgenza perché sta crescendo velocemente, è costoso da risolvere e impatta la nostra vita ogni giorno, più volte.
Sono le condizioni ideali anche per gli investitori. Ma come siamo messi su questo fronte?
Fino a un paio di anni fa c’erano pochissimi soggetti che operavano in quest’ambito. Oggi, per fortuna, si stanno moltiplicano le iniziative di fondi sia di Venture, sia di Corporate Venture Capital. Un esempio che mi fa piacere ricordare è il fondo Tech4Planet di CDP Venture, di cui siamo parte attiva, che mira proprio a supportare la nascita di nuove tecnologie e imprese per accelerare le diverse transizioni necessarie a realizzare modelli di sviluppo finalmente sostenibili.
Si vedono quindi segnali positivi, tuttavia la dimensione e l’importanza dei problemi richiedono uno sforzo ampio, collettivo, anzitutto di conoscenza e consapevolezza per poter adottare positivamente nuovi comportamenti e ripensare alle priorità personali, aziendali, economiche, finanziarie e politiche.
E parlando di finanza ritengo che essa abbia il ruolo più importante nel rendere possibili e più rapidi i grandi cambiamenti e innovazioni utili a migliorare le cose. Bisogna scegliere a quali settori e a quali progetti dare priorità, per mettere in campo tutte le risorse necessarie e correre a perdifiato perché le condizioni favorevoli alla vita umana sul Pianeta si stanno deteriorando ancor più velocemente di quanto già si temeva.
Per questo il mio ultimo pensiero va proprio a tutti coloro che hanno la responsabilità di scegliere dove investire i capitali che gestiscono, ai quali mi rivolgo direttamente.
Poiché il vostro mestiere è di guardare al futuro e cercare di intuire cosa varrà di più tra cinque, dieci o venti anni (come, d’altra parte, siete stati fenomenali a fare nelle diverse ondate tecnologiche degli ultimi 30 anni che hanno modificato la nostra vita: Internet, mobile, e-commerce, cloud, social media, etc.) penso che oggi ci siano pochi settori che abbiano le caratteristiche sopra elencate.
Non dovrebbero esserci quindi molti dubbi nello scegliere di investire in startup e aziende che operano nei diversi ambiti che compongono il settore delle Climate Tech. Ma se non siete ancora convinti, magari perché i ritorni non sembrano essere così rapidi (vuoi mettere una bella startup che genera influencer virtuali nel metaverso o un altro Q-commerce), o perché ritenete che “questa cosa del cambiamento climatico” sia diventata un po’ una moda e vi ha già stufato, o perché fate fatica a riconoscervi in Greta o in quei fricchettoni che mangiano solo verdura e vanno in giro in treno e in bici, allora ho un piccolissimo suggerimento che forse potrà aiutarvi a guardare le cose da un punto di vista diverso.
Provate a mettere nella cartellina dove tenete i vostri infomemo e gli investment brief un paio di foto dei vostri bambini e bambine. Teneteli lì, vicino alla stampata dei fogli excel in cui sono riportati tutti i numeri importanti e i multipli nei diversi scenari di exit. Guardarli negli occhi e pensare al mondo che con le vostre scelte contribuirete (o non contribuirete) a realizzare forse vi aiuterà a considerare un nuovo indicatore nei vostri processi decisionali.
La verità è quindi solo una: invertire il trend è solo una questione di scelte e di volontà. Che si possa tecnicamente farlo lo sappiamo da tempo.