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Il modello coreano per fermare il coronavirus. Una petizione, lanciata su Change.org da Ottavio Crivaro, CEO di Moxoff, statup incubata in PoliHub, Giuliano Noci Alfio Quarteroni, docenti del Politecnico di Milano, punta a raccogliere il consenso dei cittadini a donare i propri dati per tracciare l’andamento del contagio.

“Ogni giorno cediamo, più o meno consapevolmente, dati che le aziende utilizzano per profilarci. Ora possiamo scegliere di farlo volontariamente per gestire l’emergenza e soprattutto la fase di parziale apertura che seguirà”, ci ha raccontato Crivaro.

“Il progetto mira alla costruzione di un datalake CoViD-19, capace di alimentare modelli matematici e algoritmi di previsione ed ottimizzazione per identificare potenziali nuovi focolai, prevenire la diffusione del contagio, anticipare l’early detection dei contagiati asintomatici o paucisintomatici e ottimizzare la gestione delle risorse sanitarie disponibili”.

Il timore maggiore sembra essere quello di violare la GDPR… “A nostro avviso non esiste diritto principale di quello alla salute. Ma, al di là di questo, pensiamo che il problema della violazione della privacy si superi se si capovolge il discorso: non sono le istituzioni o gli operatori che applicano un processo di raccolta dati, ma siamo noi cittadini che li doniamo”.

L’obiettivo della petizione è riuscire a raccogliere così tante firme da far comprendere la volontà popolare di donare i propri dati per salvaguardare la salute e la libertà di tutti. “Istituzioni e operatori sono già pronti”, continua Crivaro, “ed esistono già decine di app in grado di raccogliere i dati necessari”.

Ma come funzionerebbe praticamente? “Lo hanno spiegato molto bene Milena Gabanelli e Fabio Savelli in un articolo su DataRoom del Corriere. In estrema sintesi, attraverso i nostri smartphone potremmo fornire posizione e movimento, ma anche dati biometrici. E con app dedicate o dispositivi bluetooth (ad esempio, in un progetto pilota a Lodi si sta pensando di testare dei cerotti) si potrebbero anche fornire temperatura, battito e ossigenazione”.

Una soluzione che sarebbe cruciale non solo per contenere  l’emergenza ma anche per gestire il ritorno alla normalità che non sarà mai completo finché non sarà pronto il vaccino. “Sapere se le persone intorno a noi sono in salute potrà consentirci di ridurre i tempi della quarantena e di tornare progressivamente a una vita il più possibile normale: andare al lavoro, a cena o a fare la spesa senza timori perché sapremo con certezza lo stato di salute e il rischio di contagio nostro e di chi ci sta vicino; potremo controllare meglio la stagionalità del virus e quindi ottimizzare la gestione delle persone contagiate senza tornare allo stato emergenziale odierno”, conclude Crivaro.

Per firmare la petizione: change.org/donaituoidati