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Cresce in Italia l’interesse per l’Open Innovation ma c’è ancora spazio per la crescita: 45% delle imprese italiane, quasi una su due, non ha intrapreso alcuna iniziativa di Open Innovation. Mentre solo il 30% ha collaborazioni attive con startup come fornitori. Sono i risultati emersi dalla ricerca dell’Osservatorio Digital Transformation Academy della School of Management del Politecnico di Milano, presentata insieme all’Osservatorio Startup Intelligence, in collaborazione con PoliHub, lunedì 28 novembre durante il convegno “Open Digital Innovation: imprese e startup insieme per ridisegnare il futuro”.

La ricerca ha intervistato 205 tra Chief Information Officer e Chief Innovation Officer di aziende italiane e Pubbliche Amministrazioni per comprendere l’evoluzione della gestione dell’innovazione digitale che oggi, come sottolinea il report è, una delle priorità per il business delle aziende italiane.

Lo dimostra la tenuta del budget ICT che nel 2017 prevede un tasso di crescita complessivo in linea con il 2016, tra lo 0,5% e lo 0,6%, con investimenti concentrati in particolare su sistemi ERP, Big Data e Analytics–Business Intelligence, digitalizzazione e dematerializzazione. Lo conferma il fatto che nel 39% delle imprese sia presente un ulteriore budget per l’innovazione digitale, nell’8% dei casi comparabile o superiore a quello della Direzione ICT.

La gestione dell’Innovazione Digitale è ancora un processo faticoso per le imprese e le cause sono principalmente interne alle organizzazioni. La principale sfida da affrontare, per il 58% delle imprese intervistate, è la difficoltà di inquadrare processi e meccanismi di coordinamento e cooperazione tra le Direzioni, seguita dalla mancanza di competenze digitali e i relativi meccanismi di scouting, assessment e sviluppo all’interno dell’organizzazione, per il 51%.

«Le imprese ricercano modelli più agili e una cultura più aperta e sperimentale per affrontare le iniziative più innovative e per contrastare i fenomeni della digital disruption – afferma Stefano Mainetti, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Startup Intelligence. Startup, centri di ricerca, università e clienti sono le principali fonti di innovazioni a cui i manager guardano per il futuro. Ciononostante, la strada è ancora lunga e non sono molte le imprese che hanno intrapreso azioni concrete e non estemporanee di Open Innovation»

Ma qual è il ruolo delle startup all’interno di questi processi? Secondo quanto riporta la ricerca, il 70% delle aziende intervistate non ha ancora collaborato con una startup come fornitore, principalmente per mancanza di risorse e di condizioni che permettano di focalizzare l’interesse su questa fonte di innovazione/servizi (68%) o per la mancata strutturazione e preparazione da parte delle funzioni aziendali interne (54%).

Solo il 30% dei rispondenti ha collaborazioni attive con startup come fornitori; nel caso di grandissime imprese la percentuale di risposte è del 46%, per le medie imprese e le grandi il dato si assesta al 22%. I benefici principali di avere startup come fornitori sono, per il 57% delle imprese che ne fa uso, l’apertura culturale in azienda e la contaminazione continua utile per rivedere i modelli di gestione.

È importante anche lo sfruttamento dell’innovazione per il lancio di nuovi prodotti/servizi innovativi e l’apertura di nuovi mercati (55%), la riduzione del time to market e l’accelerazione del processo di sviluppo tramite esternalizzazione di parte dello stesso (45%). Ed è significativo il contributo del coordinamento semplice grazie alla struttura organizzativa, snella e flessibile, delle startup (41%). Ma le imprese che adottano startup come fornitori incontrano anche delle difficoltà. Spesso la cultura interna non è abbastanza “aperta” (40%), oppure la startup non è abbastanza matura alla finalizzazione del servizio (34%) o c’è uno scarso orientamento al B2B (22%).